Lo sviluppo del lavoro di un artista, durante l’intera sua vita, può assumere andamenti diversi. C’è chi procede per illuminazioni, per scarti, per improvvisi rivolgimenti che creano fratture con quanto fatto precedentemente, e un certo sconcerto quando, supponendo di navigare sempre in quel metaforico fiume, ci si trova improvvisamente di fronte a rapide furiose, o addirittura a violente cascate.

Enzo Cacciola, a giudicare dai suoi lavori, apparterrebbe a questa seconda categoria. Se infatti avviciniamo idealmente in una galleria tutte le fasi del suo lavoro, dall’inizio degli anni Settanta ad oggi, troviamo fratture stilistiche talmente forti da non poter pensare che non siano anche il frutto di stravolgimenti personali difficilmente sopportabili, o di una capacità di trasformazione fuori dal comune.

Una sequenza, da tener sempre a mente nel considerare il suo lavoro, può davvero aiutare: 1970, geometria astratta vagamente optical; 1971-1974, pittura industriale e tele sagomate e ricomposte su muro; 1974-1978, cemento e asbesto su tela, poi solo cemento; 1979-1983, ritorno al figurativo (!); 1983-1985, silenzio assoluto; 1985-1990, ripresa sotterranea di ricerche sul materiale; 1990-2000, invece di fare il pittore, fa il sindaco di Rocca Grimalda; 2000-2015, riprende il lavoro artistico coi materiali industriali e i bulloni di ferro.