I dipinti di Bernard Dreyfus inventano un linguaggio che trova la sua realizzazione in segni che gli sono propri. Questi esprimono un’esistenza singolare di esseri enigmatici, che si fondono in una proliferazione, in un brulichio che ricorda la moltitudine, la folla, i cui movimenti a ondate successive invadono il campo della pittura.

Dreyfus inscrive il suo marchio sulla tela, nell’invenzione di un universo surreale nel quale si dispiegano schiere fantomatiche: l’umanità errante? Forse. Ad ogni modo, la folgorante impressione di un’interrogazione siderale, che l’artista esprime in una pittura di una forza al tempo stesso inquietante e atemporale, espressione di vita, di eternità che egli cattura in atmosfere di silenzio e di paesaggi singolari in cui luci e forme s’ingarbugliano in una visione cosmica.

La sua arte interroga la pittura e trova i suoi punti di riferimento in cromatismi di chiaroscuro. Ed è da questo, prima di tutto, che egli ricava la propria impronta, da contrasti pittorici che attingono dal più grande classicismo dell’arte, di cui egli realizza una libera interpretazione, lontana da ogni categoria, da ogni scuola. Le sue opere s’inscrivono tuttavia nella grande tradizione della pittura, in cui l’universale e il sacro inducono una visione, una meditazione, un sogno.