“Se la bellezza, tradizionalmente intesa, è rappresentabile attraverso precise formule geometriche e calcolate proporzioni, il processo vitale è intangibile e potrebbe essere concretizzato solamente attraverso forme simboliche…”. Inizia così il libro di Maurizio Vanni che sostiene come l’originalità di Lucchi non sia da cercarsi nelle sue forme, ma in quella libertà di gesto che gli permette di plasmare figure in armonia con la grande catena dell’essere. L’autore ricorre alla storia e alla leggenda dell’androgino – personaggio ricorrente nel corpus delle sculture di Lucchi – per spiegare come mito e mistero, con tutte le accezioni del caso, costituiscono l’asse portante della produzione di Lucchi. Solo entrando nella dimensione delle sue figure-archetipo potremmo percepire, a livello multisensoriale, le loro comunicazioni con quell’invisibile che potrebbe corrispondere alla vera realtà.