Il lavoro di Camilla Ancilotto si dispone lungo la planimetria gentilizia del Piano Nobile di Palazzo Collicola Arti Visive, a Spoleto, dove gli occhi dialogano con la storia abitabile. La logica d’ingaggio segue la regola d’uso del luogo, ovvero, disporsi in silenzio con le proprie opere, calando con timida ma decisa ambientazione, senza modi­ficare gli allestimenti d’origine, al contrario inventando coni di conversazione, abbassando la temperatura del passato, elaborando il paesaggio ideale di un linguaggio tarato sul presente.

L’artista romana si esprime attraverso un codice mobile, che è marchio autografo ma, soprattutto, schema linguistico. Le opere sono puzzle pittorici dalle molteplici chiavi compositive. In pratica, girando i singoli parallelepipedi (o altre forme geometriche) su un asse (il principio del pallottoliere) si completa una singola immagine o si mescolano assieme immagini diverse.

Viene a crearsi un’interazione in cui il fruitore potrà cambiare l’ordine sequenziale e, soprattutto, entrare nel principio dinamico del pensiero originario, completando un’opera che richiede azioni manuali, tattilità, immaginazione attiva, orientamento della fantasia.