Li Xiangyang è un artista cinese, appartiene alla media generazione (1957), oggi adulta, quella che era giovane poco prima del boom capitalista, formatasi nel solco finale delle tradizioni maoiste, nel periodo in cui tutto stava cambiando, quando le merci aumentavano la loro spinta globale, il mercato si apriva e il progresso accelerava l’onda d’urto planetaria.

Li Xiangyang è un artista che conosce e ama l’Italia: ha studiato a Roma, esposto nella capitale, ma non solo, nella penisola ha trascorso svariati anni e qui torna con ciclica regolarità, sentendo la spinta dell’iconografia classica, il peso specifico dei secoli illuminati, la valenza educativa delle nostre avanguardie.

Emerge qui un principio di ampliamento e completamento: Xiangyang ha sintonizzato Cina e Italia sul valore metafisico della pittura, confermando la nostra primogenitura iconografica, quell’ispirazione figurativa con cui un artista straniero traccia nuove traiettorie del pensiero pittorico. Egli somiglia a una coscienza amplificata del presente, un radar psicanalitico che spezza la retorica attorno alla Cina, distillando sul quadro ciò che televisione o cinema quasi mai colgono.