Quello di Fantini è un disegno dal tratto arcaico, surreale ed essenziale, che sembra dialogare con le opere di Osvaldo Licini conservate presso l’omonima galleria location della mostra attraverso la lente distorta di una pittura per molti aspetti assimilabile a quella del cinema sperimentale di David Lynch.

 

Senza cadere in citazioni esplicite, l’artista sembra interrogarsi sul rapporto dialettico tra astrazione e figurazione tipiche del mondo e della sensibilità di Licini; lo fa utilizzando sfondi geometrici che dividono la superficie in due parti e con l’utilizzo di parole o lettere che si stagliano come quinte teatrali su figure dal segno morbido e sinuoso.

 

“Sono 2”, come i colori presenti nelle opere, come i mezzi e le tecniche utilizzate, tutto con l’intento di favorire la costruzione di uno spazio che sembri creato dalle stesse figure che forgiano l’immagine. È una ricerca di superficie la sua, come quella di molti artisti contemporanei che non cercano la retorica della profondità oramai sbiadita da tecniche sempre più invasive di controllo, ma puntano sull’intensità del presente, dell’evidente senza prospettive.