Paolo Masi verifica nel suo modo tipico, alieno dallo scrutinio intellettuale preventivo, il sistema di riferimenti di codice di ciò che vien detta la pratica artistica. Presenza storica e alterità simbolica dell’opera, afferenza e differenza del fare artistico rispetto al fare tout court, comunicazione significativa e pratica del senso. Sempre, alla fine, la riflessione di Masi torna all’idea del pittorico, d’una pittura non improbabile. L’artista smonta e verifica ogni elemento e fase del processo sino alle conseguenze ultime, ma nell’intento di restituirsi e restituire una grammatica elementare e una sintassi articolabile della visione, di cui cogliere e – per quanto sia possibile – fissare gli statuti di necessità primi e insieme la forza radiante d’espansione espressiva. Verranno, poi, altre stagioni. Ma questa esperienza del 1979 è per molti versi paradigmatica del fare/pensare di Masi, il grande anomalo della neoavanguardia novecentesca.