Dal paesaggio alle diverse forme della comunicazione di massa,
la ridefinizione del genere nella figurazione di Ceccotti. Il percorso di ricerca dal 1958 al 2014

Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche ha scritto che l’arte nasce dall’unione di due elementi: un grande realismo e una grande irrealtà. Sergio Ceccotti li possiede entrambi, e nella qualità più alta e raffinata. Seguendo un ordine tematico e cronologico, la monografia ripercorre, dal 1958 al 2014, la produzione grafica e pittorica dell’artista romano, lungimirante erede della Metafisica dechirichiana e del Realismo magico, fortunato antesignano della figurazione italiana contemporanea. Dai primi dipinti della fine degli anni Cinquanta, dalle suggestioni neocubiste a quelli della prima

metà degli anni Sessanta, nei quali riecheggiano potenti l’Espressionismo e la Nuova Oggettività

tedesca, la monografia prosegue con l’analisi degli intensi lavori dei decenni successivi, immersi nella “figurazione ceccottiana”, dai riflessi Pop agli influssi cinematografici, della letteratura di genere, dei fotoromanzi, delle strisce a fumetti (come quelle delle prime edizioni di Diabolik delle sorelle Giussani) e, persino, dei rebus che gli appassionati di riviste enigmistiche conoscono bene. Nei suoi “misteri metropolitani” il pennello dell’artista rivela, invece, le sottili malvagità celate nei condomini apparentemente tranquilli della periferia romana o della Parigi del secondo Ottocento. Ecco allora un uomo terrorizzato, aggrappato a un cornicione mentre la vita della città sottostante scorre tranquillamente o, ancora, una donna che assiste a una scena terribile da una finestra

d’albergo che, con sapiente regia, è preclusa al nostro sguardo e che possiamo solo immaginare.

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Corriere della Sera