Una grande stanza luminosa all’ultimo piano del convento di San Bonaventura, sul colle Palatino, domina sulle vestigia dell’antica Roma, con attorno la città moderna e, in lontananza, le dolci linee dei monti e dei colli. In questo spazio fra Sidival Fila crea le sue opere, tele di grandissime dimensioni, ma anche minuscoli quadretti, quasi miniature, alcune dalle inconsuete forme, lunghe e strette.

Prevalgono i monocromi, ma tra le ultime, alcune ancora in fieri, si scopre la sperimentazione di toni cangianti, in diverse gradazioni. La monocromia, infatti, è solo apparente: le superfici delle tele non sono mai omogenee, ma attraversate da pieghe, da ondulazioni e “accartocciamenti” del tessuto, che sono sottolineati ed enfatizzati da una fittissima rete di cuciture con fili dello stesso colore.

La luce, che penetra o nasconde le numerose e ampie alterazioni della superficie della tela, a volte con trame diverse, trasforma il colore, lo declina in una sinfonia armoniosa di toni, lo fa vibrare. L’occhio dello spettatore, la sua partecipazione, il suo punto di vista, determinano gli effetti di luce ed ombra, intessendo un serrato dialogo con l’opera, creando di volta in volta un rapporto intimo e personale.